In una fase di forte crisi del mercato immobiliare, una semplice analisi di costi e benefici spiega come rendere profittevoli le seconde case e suggerisce di guardare dove ci sono alte potenzialità e ampi margini di resa: il turismo e la locazione breve. Non è un segreto. Ma se in Europa il 25% dei viaggiatori soggiorna in una villa o un appartamento, l’Italia è ancora ferma a un tasso di penetrazione dell’8-9% (senza ovviamente tener conto del mercato dei contratti in nero).
L’attuale domanda turistica, composta da 5,7 milioni di persone che significano oltre 39 milioni di notti di permanenza, porta un’occupazione media delle case pari a 55 giornate annue, con un potenziale che – in virtù della stagionalità dei flussi – può arrivare a un massimo di 70 giornate nelle zone più turistiche. Siamo dunque vicini alla saturazione, ma solo il 15% del totale delle abitazioni libere (con un potenziale di circa 10 milioni di posti letto) è oggi destinato a rendita con la soluzione dell’affitto per brevi periodi. Circa 500mila case, su un totale di 3,5 milioni a disposizione dei privati (escluse pertinenze e annessi): 1,44 milioni al Nord, 700mila al Centro e 1,36 milioni al Sud.
Quel mezzo milione di abitazioni è ancora poco, se si pensa a un flusso turistico di oltre 100 milioni di persone che si trova di fronte, secondo l’Osservatorio nazionale del turismo, una capacità alberghiera pari a 34mila unità (e con 2,25 milioni di posti letto). È poco, inoltre, dato che per uniformarsi al trend dei Paesi europei servirebbe un aumento del 250%, e cioè l’immissione sul mercato di 7-800mila case destinate ad affitto breve. Così afferma uno studio di Halldis, società del gruppo Windows On Europe, che per elaborare questi numeri si è avvalsa della collaborazione di Enel nell’analisi campionaria degli allacci di fornitura energetica.
La scelta extra-alberghiera è sostenuta soprattutto dal turismo straniero (oltre il 70% degli affitti deriva da clienti internazionali provenienti da 223 Paesi) e la località più richiesta è la Costa Smeralda, seguita da Valtellina, Liguria, Versilia, Valle D’Aosta, Dolomiti e Calabria – alcune delle aree a più alta densità di seconde case. La preferenza è per abitazioni con una superficie media di 55 mq, spazi esterni, vicinanza al mare e a principali punti di interesse turistico, e con un valore di mercato superiore ai 200mila euro.
Attraverso i suoi servizi di property management, HALLDIS ha sviluppato un’analisi su un campione di 1.300 abitazioni gestite e rappresentative del mercato, per dimostrare la convenienza dell’affitto stagionale, confrontando i costi sostenuti dai proprietari di seconde case e i potenziali ricavi. Perché la crescita della domanda può rallentare proprio a causa di un deficit di informazione e alla mancanza di infrastrutture adatte ad accogliere le nuove presenze.
Quali sono le spese? Partendo dai dati elaborati da Federconsumatori, l’analisi di HALLDIS ha preso in esame tre differenti profili immobiliari sul territorio italiano: un bilocale di 70 mq in centro città (ad esempio Roma, Milano, Firenze, Napoli o Bologna); un bilocale di 55 mq in posizione turistica (Oristano, Sorrento, Madesimo o Chiavari); una villa di prestigio di 300 mq in località turistica (Toscana, Sardegna, Sicilia, Veneto o Trentino). Tra bollette, imposte e manutenzione, il primo profilo vede costi annui pari a 447 euro, il secondo a 355 euro, il terzo a 1.687 euro. A cui aggiungere altre spese di gestione legate all’affitto breve quali pulizia, fornitura di lenzuola e asciugamani, servizio accoglienza, internet eccetera, per 280 euro (con un tasso di riempimento medio del 70%).
La permanenza media del viaggiatore turistico nelle case vacanza è di una settimana. Ipotizzando che una soluzione per 3/4 persone abbia un costo medio di 1.200 euro per sei notti, l’attuale numero di prenotazioni (circa 40 milioni di notti) produce un fatturato stimato in circa 6,6 miliardi di euro. Se dunque si arrivasse a un’offerta vicina a quella degli altri Paesi europei, con un aumento del 250% delle case vacanza, da questo settore extra-alberghiero l’Italia potrebbe arrivare a generare ricavi per 16 miliardi di euro: vale a dire 10 miliardi in più (e non si conta l’indotto).
Il ritorno lordo per ogni famiglia che metta un immobile a disposizione sarebbe di 10mila euro annui. Al netto delle tasse e dei costi di gestione, per i proprietari di seconde case l’introito varierebbe in media tra i 3mila e i 5mila euro, che andrebbero ampiamente a coprire i costi sostenuti per mantenere l’abitazione.
FONTE: Casa 24 Plus